la prima escursione

 

… Peccato che ai turisti, il Castelluzzo degli Spagnoli, oggi Castelluccio  Cosentino, è  perfettamente  sconosciuto.

 Sac. Don Costantino Cassaneti

 

 

Così  scriveva, nel 1938 il mio prozio, a cui chiedo, con tutto l’affetto che mi legava a Lui, di essermi guida in questo modesto impegno.

 

Ho raccolto quindi il testimone e, spronato da Ennio Capone a concretizzare la possibilità di condividere con i Soci del Club Alpino Italiano di Salerno l’emozione che si prova – giunti in cima – nell’ammirare per 360 gradi l’ampia valle, mi accingo a scrivere tale breve nota.

 

1)  L’escursione, programmata per il 2 marzo prossimo (2003), avrà inizio lungo il Viale che dal km 40,250 della S.S. 19 per le Calabrie porta al Santuario della Vergine Incoronata, chiesa parzialmente ricostruita dopo i gravi danni del sisma del 1980 e i conseguenti saccheggi delle sacre suppellettili.

Il parroco don Elvio Fores permetterà, visitando la Chiesa, di conoscerne la storia, ma anche il culto antico degli abitanti del luogo per la “Regina vallis Alburnorum” che apparve miracolosamente – intorno all’anno 1000 – lì accanto, su una pianta di alloro.

La prima “Chiesuola della Incoronata” ivi eretta, di certo nel XI secolo, dagli abitanti del Casale Scalcinati,  fu utilizzata anche per sepolture.

La seconda “Chiesa di Santa Maria dell’Incoronata” costruita ancor prima del 1625, crollò quasi interamente per il terremoto del 1857. Tre anni dopo terminò – con rapidità di certo invidiabile – la ricostruzione successiva, a cura del Priore della Congrega del SS. Rosario, Gerardo Chiumiento.

Nel settembre 1928 il Rev. Costantino Cassaneti, iniziò il restauro e l’abbellimento della storica Chiesa, rafforzandone le fondazioni e ricostruendo le tre navate e l’abside.

Durante tali lavori furono trovate le tracce delle sepolture e dell’antica Chiesuola, larga tre metri e lunga dieci.

La facciata, con portale in pietra, e con vasto belvedere, guarda a sinistra il massiccio degli Alburni e a destra la valle del Tanagro; di fronte appare il colle di Castelluccio Cosentino, i cui abitanti venivano giù per la processione in onore della Madonna Incoronata, per tre volte l’anno.

Ebbene, noi seguiremo tale antica traccia lasciata da chi – lontano avo – ha calcato questo stesso suolo, risalendo la china per scoprire se, raggiunti i 458 metri di quota, sul cucuzzolo sia davvero possibile “nutrirsi di solitudine, unico sollievo” !

 

2)  L’iniziale discesa dai 260 metri – seguendo l’antica Via Incoronata – ci porterà a seguire anche un tratto della antica Via Annia che, dopo la mansio (taverne) Nares Lucanae, percorso il Campus Naranus (pianura di Patricelle) e superato il Rivus Petrosus, seguitava poi per la valle del flumen Nigrum in direzione di Volcei.

 

3)  Il Dott. Felice Pastore ci guiderà a ritrovare, celato da fitta vegetazione di rovi, un ponte romano inedito ad unica luce, che presenta l’arco a tutto sesto spaccato al centro e crollato sul pilone opposto, scoperto pochi anni or sono – con l’ausilio di Vincenzo Visconti – dal Gruppo Archeologico Salernitano.

 

4)  Superato, a balzi, il Torrente Cassaneto (150 m), saliremo sino alla collina (260 m) ove ci attendono i ruderi della Chiesa di San Giorgio e del Casale de' Cosentini: tornando indietro di mille anni, cercheremo, con  l’aiuto del Prof. Carmine Carlone, testimonianza di quando i nostri antenati – nuclei familiari ribelli – “trasferiti” da Cosenza ai piedi dei Monti Alburni e costretti da Gisulfo II ad insediarsi sul colle delimitato dal Rivo Petroso, dal vallone del Gualdo (Galdo) e dal fiume Nigrum (Tanagro), fondarono Casalis Cosentinorum, donato nel 1080 dalla Principessa Sichelgaita e dal Duca Roberto il Guiscardo all’Arcivescovo Alfano. 

Durante i secoli successivi, altri nuclei di coloni, forse lontani assegnatari della centuriazione graccana, si insediarono nel territorio, compreso nell’ager Volcei (Buccino), ingrandendo il Casale che molto prima del 1252 divenne comune autonomo  ed indipendente da quello di  Siciniano.

Almeno quattro furono, secondo Giuseppe Barra, le chiese edificate dai “Cosentini” nel loro territorio, che per la loro origine italo-greca, ne dedicarono due a San Nicola, una rurale cappella a San Giovanni ed infine la più grande, a doppia volta, adorna di dipinti e di  mosaici, fu consacrata – ancor prima del 1042 – a  San Giorgio.

Le vestigia dell’antica bellezza della Chiesa si intravedono nelle possenti mura che delimitano il grande spazio interno (5 metri di larghezza per 12 di lunghezza), nella grande abside orientata ad est (come in tutte le chiese longobarde) e nei mosaici esterni realizzati con pezzetti di cotto che formano tre diversi tipi di decori (triangoli, rosoni ed ogive).

Il primo motivo, che disegna una doppia fila di triangoli contrapposti, è godibile anche all’esterno dell’abside della Chiesa di San Felice in località Felline di Salerno.

I decori a forma di rosone a sei petali sono, invece, identici a quanti presenti sulla fiancata della antica Chiesa di Santa Maria dei Magi in Galdo degli Alburni.

I nostri occhi, “annullando” il vicino viadotto della Autostrada A3, che ha modificato l’orografia del colle dei Cosentini, mireranno spontaneamente in direzione del “Le Ripe” del cucuzzolo roccioso che si erge di fronte, oltre il ripido vallone.

Ma di questo dirò più innanzi.

 

5)  Lasciato il Casal de’ Cosentini scenderemo ripidamente (è questo il tratto più impegnativo) verso i binari della Ferrovia Sicignano-Lagonegro (Castrocucco), che molti dei Soci CAI ricordano per le due precedenti escursioni di  “Trenotrekking” tra le stazioni di Petina e di Polla.

  Percorreremo anche una piccola galleria di servizio utilizzata dalle squadre addette alla costruzione dell’asse ferroviario. Poi, sempre ammirando lo stupendo Ponte dei Cosentini a tre ordini di arcate sovrapposte, balzeremo sui binari.

 

6)  Percorreremo dapprima la galleria Calcina, nome dato in ricordo della Contrada Calcinara e del  Casale Scalcinati, lunga 179,65 metri, come si può leggere sul portale di pietra. (Ricordarsi di portare con sé una torcia elettrica e di evitare di camminare sulle traversine bagnate che risultano scivolose).

 

7)  Torneremo poi verso nord, percorrendo i 114 metri del ponte, affacciandoci - con cautela - a mirare il Rio Petroso che scorre 56 metri sotto di noi.  Oltre il ponte, la galleria Castelluccio, lunga 285,73 metri, con due finestre e qualche lieve concrezione calcarea. Le due gallerie e il ponte ancorché realizzate entro il 1886 sono ben conservate.

 

8)  Al di là  della  seconda galleria, percorse poche centinaia di metri fra rovi e sterpaglia cespugliosa, troveremo la Fermata ferroviaria di Castelluccio Cosentino, inaugurata nel 1939: un attimo di pausa per i ricordi che di certo torneranno alla mente, poi, zaino in spalla per raggiungere la meta, percorrendo, per 300 metri di dislivello, l’ultimo tratto della Via Incoronata.

 

9)  Arriveremo alfine a Castelluccio Cosentino – meno di 200 anime durante 11 mesi l’anno - raccontandone la storia, secondo gli insegnamenti del Prof. Carmine Carlone: sulla cima rocciosa, dove è stato realizzato lo stupendo belvedere, in origine si ergeva una Torre di avvistamento, ingrandita per ordine di Federico II  al fine di controllare, in triangolazione con simili torri poste sulla Serra Carpineto (876) alias "Crepacore" e sul colle Lo Scorzo (677), chiunque transitasse per la via Annia, giù  per la valle del  Tanagro.

Sempre sulla vetta, poco distante dalla Torre, una formazione rocciosa dalla forma - a mio modesto parere - vagamente umana rivolta fortuitamente verso le Nares Lucanae era utilizzata come simulacro a difesa dei residenti e forse a protezione dei  viandanti.

Per accentuare e valorizzare il senso religioso che la roccia spontaneamente rappresentava, fu, in seguito, eretta una piccola aedicula con, sul fondo, un affresco bizantineggiante (che potrebbe risalire al 1200, stando all’esame della Sovrintendenza e di esperti di restauro incaricati dal dinamico Dott. Enzo Morrone).

Successivamente, con l’ausilio di pietre, mattoni, calce, gesso e stoppa, alla roccia fu data la forma - attualmente godibile - della Regyna Martyrum, pregevole statua di Madonna seduta con il Bambino, con lo sguardo fisso verso ovest:  le Nares Lucanae (oggi Scorzo).

Poco dopo il 1503 gli Spagnoli di Castiglia, impossessatisi del Reame di Napoli, al fine di vigilare il territorio dalle incursioni dei Francesi e degli Aragonesi provenienti dalla Calabria e dalla Lucania, impiantarono sull’altura un presidio militare, fortificando la precedente Torre, dando a tutto il sito nome di “El Castelluzzo” ossia “il piccolo castello militare”. Il primo comandante degli 80 soldati della guarnigione fu Nicolao de Guglyor, che ampliò l’Edicola della Regyna Martyrum e “costruì questo Sacello e sepoltura per sé e per i suoi successori,  A.D. 1538”.

Vicende varie - per ultimo le sortite del brigante “Barbarossa” - fecero sì che gli abitanti del Casale e di quelli viciniori, per ricevere protezione, abbandonarono man mano i  territori a valle e si arroccarono sulla collina.

Di certo sappiamo che l’ultimo Console (Sindaco) dell’Università (Comune) di Casale de’ Cosentini fu un De Laurentiis (Di Lorenzo) e l’ultimo Curato, il Rev. Pietro Cassaneti. Successivamente una numerazione (censimento) accreditò 15 “fuochi” (corrispondenti a 675 abitanti) a Castelluzzo  mentre  soltanto 10  (circa  450  anime) al  Casale Cosentino.

Molti altri Casali presenti nelle vallate del Tanagro e degli Alburni vennero abbandonati con conseguente arroccamento verso le alture in soli quattro centri abitati: Sicignano, Galdo e Terranova, oltre al nostro Castelluzzo.

Ma, dapprima il terremoto del 1561, poi il “degrado della situazione socio-economica dei centri abitati”, infine la pestilenza del 1656, portarono ad un inarrestabile calo demografico di tutta la regione.

Intorno al 1700, ormai abbandonato il Casale, Castelluzzo, ancora comune autonomo, si ritrovò con il nome di Castelluccio de’ Cosentini.

Nel 1816 con l’arrivo dei Francesi il comune di Galdo fagocitò tutto il territorio di Castelluccio, che, dal 1900, prese il definitivo nome di Castelluccio Cosentino.

 Dal 1929, infine, Castelluccio Cosentino, Galdo, Scorzo, Terranova e Zuppino divennero frazioni  di  Sicignano degli Alburni.

 

10)  Alfine proporremo una “sgambata” per i vicoli di Castelluccio: nessun timore, qui non è possibile, pur volendo, smarrirsi, date le dimensioni del sito, né essere rapiti.  Visiteremo la Chiesa della SS. Annunziata eretta già prima del 1536 a cura della famiglia de Laurentio (Di Lorenzo) fu nel 1589 elevata al rango di Chiesa Madre.

L’escursione  avrà termine dopo la visita alla Chiesa di Santa Maria dei Martiri, che da cinquecentesco “Sacello” spagnolo ancorato alle rocce, fu poi portato alle attuali dimensioni di Chiesa di media grandezza, con il necessario spostamento laterale dell’ingresso, realizzato sulla parete Nord, in quanto l’allungamento della pianta rendeva improponibile l’accesso dal fondo. Se possibile, saliremo sul campanile, per poter volgere lo sguardo tutt’intorno permettendo una completa visione contemplativa del favoloso panorama.

L’impegno incessante della Associazione Rinascita e del Dott. Enzo Morrone  ha evitato che tale patrimonio artistico fosse ridotto ad un rudere,  anche pungolando le Amministrazioni locali a non dimenticare la frazione Castelluccio.

 

Questa escursione contribuirà certamente al nostro fine: dare visibilità allo sconosciuto  paesino, solo in apparenza difficilmente raggiungibile in quanto arroccato in cima al colle di fronte a Sicignano degli Alburni.

 Pertanto rinnovando a tutti voi l’invito “Sitientes  venite  ad  aquas”, ho il dovere di avvertirvi che sarà, poi, molto difficile  dimenticare  Castelluccio Cosentino…

 

Attilio Piegari

 

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