APPENDICE LA PLATEA di MATTEO PASTORE
tratto da il Postiglione giugno 1996 - anno VIII - numero 9 Giuseppe Barra
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Abbiamo ritenuto opportuno pubblicare la parte della Platea (o Campione), che riguarda Castelluccio Cosentino, perché è inedita. Si precisa che essa è stata scritta da Matteo Pastore, Cancelliere della Curia diocesana di Salerno e Notaio Apostolico per volere dell'Arcivescovo di Salerno Monsignor Bonaventura Poerio (1697-1722). Il Pastore iniziò i lavori intorno al 1712 e portò a termine la Platea nel 1716. Esso spiega: ”[...] la Chiesa Salernitana giaceva quasi nell'oblio delle sue sostanze (...) i beni patrimoniali della medesima incolti giacevano e senza titolo si possedevano, esposti alle violenze di tutti i calunnianti (...) essendo perduti in gran parte (...) con premure di detto Prelato Poerio che lo spatio di anni 17 ave sempre anche con propri sudori studiato ed instito per ponere in chiaro quanto di bene e decoroso ha goduto e gode la sua chiesa devesi riconoscere [...]
Arcipretato di Castelluccio Cosentino L'Arcipretato del Castelluccio Cosentino, che si stende quanto comprende il Tenimento della Terra del Castelluccio Cosentino, la quale tiene un'unica Parocchia con tre Cappelle distinte, et è numerosa d'Anime trecento settanta, e tiene di Clero presentemente un Paroco, quattro Sacerdoti, e tre Clerici, si suol'affittare per docati dieci l'anno, e suol'esiggere. Oltre il Deritto delle Licenze di caccia quando qualcheduno del Clero domanda tal licenza. Da ciascheduno Defunto, che passa li dodeci anni per ragione di quarta funerale, e altro così concordano, secondo l'antico solito esigge carlini otto. Dall'infanti non esigge cos’alcuna. Per ogni matrimonio esigge l'arciprete secondo l'antico solito carlini cinque. Esigge dalla Cappella del Rosario eretta nella Parrocchiale per misura de' conti, catedratico, o altro carlini venti dalli Mastri ogn'anno. Esigge la quarta decima, e altro secondo il solito.
Beni in Cosentini Orazio Ambrosano tiene, e possiede una Terra vignata, e lavoratoria dove si dice Ioncatella, alias lo Pozzo, che fu di Giovanni Matteo Greco, giusta dal capo la via pubblica, dal piede il fiume, e da un lato li beni di Mastro Giuseppe di Vita, per la quale rende ogn'anno tomola due di grano. Luca Antonio, e Tomaso Lodede tengono, e possedono una Terra vignata dove si dice Ioncatella, alias lo Pozzo, che fu di Poliscila Lodede, giusta dal capo la via pubblica, dal piede il Fiume, e da un lato li beni di D. Angelo Chiariello, per la quale rende ogn'anno tomolo uno, e quarto uno di grano. Fiorio di Lauriano, e per esso il Figlio di Mastro Sabbato delli Cosentini tiene, e possiede una Terra dove si dice Ioncatella, alias lo Pozzo, che fu di Crimineno Chiarello, giusta dal capo la via pubblica, dal piede il Fiume, et altri confini, per la quale rende ogn'anno un tomolo di grano. Danola dell'Andolfo tiene, e possiede una Terra vignata dove si dice Ioncatella, alias lo Pozzo, giusta dal capo la via pubblica, dal piede il Fiume, et altri confini, per la quale rende ogn'anno tomolo uno, e mezzo quarto di grano. Giulia, et Orazio Verrone tengono, e possedono una vigna dove si dice Ioncatella, alias lo Pozzo, che fu di Carlo Verrone, giusta dal piede il Fiume, da capo li beni di Gabriele dell'Andolfo, da un lato la via, et altri confini, per la quale rendono ogn'anno mezzo tomolo di grano. Di più li sopraddetti Verroni per un'altra, che fu d'Angelo Chiarello rendono ogn'anno mezzo tomolo di grano. Giovanni Sabato Perrotta, e Giovanni Carlo dell'Andolfo tengono, e possedono una Terra vignata dove si dice Ioncatella, alias lo Pozzo, che fu di Giovanni Ferrante dell'Andolfo, giusta da capo la via pubblica, da piede il Fiume, et altri confini, per la quale rendono ogn'anno un tomolo di grano. Pierri Giovanni Landolfo tiene, e possiede una Terra vignata, e lavoratoria dove si dice li Levuni, seu l'Ische d'Erchia, che fu di Carlo dell'Andolfo, giusta da capo la via pubblica, da piede il Fiume, et altri confini, per la quale rende ogn'anno tomolo uno, e quarto mezzo di grano. Di più il detto Pierri tiene, e possiede una Terra dove si dice Ioncatella, alias lo Pozzo, che fu di Mario di Lisi, e di Blandolo dell'Andolfo, giusta dal capo la via pubblica, da piede il Fiume, et altri confini, per la quale rende ogn' anno tomola due, e quarto uno di grano. E di più per la parte, che fu di quelli di Scola rende ogn'anno mezzo quarto di grano. Fiorio di Feo, e per esso Laura Barlonona detti Zoppi tiene, e possiede una Terra vignata dove si dice Ioncatella, alias lo Pozzo, che fu di Sabatiello di Vita, giusta da capo la via pubblica, da piede il Fiume, et altri confini, per la quale rende ogn'anno tomolo uno, e mezzo di grano. Fonzo Verraldo, et Anibale Sarsiario, e per Essi Mastro Tonno Grieco tiene, e possiede una Terra dove si dice Ioncatella, alias lo Pozzo, che fu d'Ercole Declode, giusta da capo la via pubblica, da piede il Fiume, et altri confini, per la quale rende ogn'anno mezzo tomolo di grano. Adaniele tiene, e possiede una terra vignata dove si dice Ioncatella, alias lo Pozzo, per la quale rende ogn'anno quarti tre, e mezzo di grano. Giorgio Barlogna tiene, e possiede una Terra dove si dice Ioncatella, alias lo Pozzo, per la quale rende ogn'anno un tomolo, et un quarto di grano.
Castelluccio Cosentino, cenzo che paga per il medesimo il Duca di Martina Antichissimo Feudo della Chiesa Salernitana, o Menza Arcivescovile d'Essa fu il Castelluccio Cosentino, Terra sita nella Provincia di Salerno, posta nella cima d'un Monte alto, et eminemte, distante da quaranta miglia in circa da Salerno; il Dominio, che n'ha tenuto questa Menza è da tempo immemorabile, che non v'è memoria d'huomo in contrario, ciò sin dall'anno DCCCCXXXIX [939, ndr] lo dichiarò Gisulfo nel suo Privilegio unitamente con il Vassallaggio, e suoi Tenimenti, come dal Privilegio originale, e più Transunti del medesimo fatti in diversi anni, che si conservano al Fasc. I n.ro II; E sussequentemente li due Prencipi Guaimari Padre, e Figlio con loro Privilegij espressamente lo confermano, come da tre Diplomi delli medesimi, che si conservano nel detto Fasc. I alli n.ri V, VI e VII; E più chiaramente nell'anno DCCCCLXXXII [982, ndr] dall'Imperatore Ottone, il quale confirma il Privilegio di detto Gisulfo, che si conserva originale al Fasc. I n.ro III, E sussequentemente dall'Imperatore Errico II nel MXXII [1022, ndr], che si conserva al detto Fasc. I n.ro I. In conferma di che nell'anno MLXXX [1080, ndr] il Duca Roberto con suo Diploma dichiara per legitimi documenti da lui visti, et osservati spettargli "Casale Cusentinorum, et Ecclesia S. Georgij prope dictum Casale", come si vede dal Privilegio di detto Principe al Fasc. I n.ro VIII. L'Imperatore Federico II ancora l'attesta nel suo Privilegio, approvato, e riconosciuto per valido, et abbonato dalla Regia Camera della Summaria, fatto nell'anno MCCXX [1220, ndr], che si conserva al detto Fasc. I n.ro XII, et il simile confirma nel MCCCCLX [1460, ndr] il Duca Renato Primogenito del Re di Sicilia coll'Autorità Patema nel suo Privilegio, che si conserva al Fasc. I n.ro XIII, e moltissimi altri Prencipi ne loro Privilegi originali. Fereno ancora a gara li Sommi Pontefici di confirmare, e convalidare tal immemorabile Possesso, e Dominio colle loro Bolle, come fece espressamente Papa Alesandro III nell'anno MCLXVIII [1168, ndr], Lucio III nel MCLXXXIII [1183, ndr], Innocenzo III nel MCCVII [1207, ndr], Gregorio IX nel MCCXXVII [1227, ndr], e finalmente con più chiare note Papa Alesandro IV nel MCCLV [1260, ndr] con queste parole "Casale Cusentinorum cum Ecclesijs, hominibus, et pertinentijs eorundem", quali Bolle si conservano originali nel Fasc. II a' suoi numeri. Ne possedeva la Menza Arcivescovile il nudo Feudo del Castelluccio Cosentino, ma ancora il Fiume, Molino, Pascoli, Terre seminatorie, Vigne, Montagne, e molta vastità di Territorio, che si diceva di Rialto, quali cose oltre l'antica concessione del Feudo, et altro come sopra conceduti, e si è detto da Gisulfo, furono donate per sollenne oblazione, e donativo alla Menza nel tempo del Duca Roggiero nell'anno MLXXXXVIII [1098, ndr], da Roberto conte di Principato di Salerno, e figlio del Conte Guglielmo unitamente con Gilia Contessa, e vengono descritte, e comprese dette robbe concedute tra li confini notati colle sue Misure, coll'huomini, e Cenzili di dette Terre, descritte e nominate, come il tutto diffusamente si vede notato nel Privilegio, et Instrumento di detta oblazione, che fu transuntato nel MCCLVII [1257, ndr], e si conserva al Fasc. XXXXV n.ro I. Detta terra con tutti li precitati Effetti stabili si trovano alienati dall'Arcivescovi antichi sin dalli principij del MD, mentre si vede una conclusione, o Parlamento fatto dall'Università contra il Duca di Martina, perche l'angariava come dal detto Fasc, n.ro V, e si suppone, e s'ha per antica tradizione essere stata fatta tale alienazione in escambio del Molino, che possiede la Menza nelle Pertinenze di Salerno, che si dice il Molino del Principe, quale sin dall'anno MDLXXXXI [1591, ndr] si vede descritto, et affittato nel Campione antico di Monsignor Bolognino a carte XX a tergo, e di vantaggio per resto di prezzo si corrisponde ogn'anno dal Duca di Martina, e Conte di Buccino, quale terra sta contigua al detto Castelluccio Cosentino Possessore di detto Feudo, e suoi annessi, l'annua risposta di docati ventiquattro, conforme si riconosce, che si corrispondeva nel detto anno MDLXXXXI [1591, ndr] nel detto Campione a carte XXII, e detta annualità si è pagata pacificamente per il corso di tanti lustri, e di tutto il Governo di Monsignor Poerio, conforme si riconosce da molte lettere del detto Duca di Martina Padre, e figlio, e di Lui Erario, nelle quali si confessa, e contesta il Debito, e se n'ordina la sodisfazione, quali atti si conservano al Fasc. XXXXV n.ro IV. Si che ogn'anno si pagano detti docati ventiquattro a XXI Settembre dal Duca di Martina per la causa come sopra. Nota che nell'anno 1724 fu affrancato dal Duca di Martina il detto censo con documento Apostolico della Sacra Congregazione dei Vescovi Regolari a’ 7 agosto 1722 delegando informa comissaria a Monsignor Carmignano Vescovo della Cava, del quale fu dato assenso a’ 23 settembre dello stesso anno 1722 come dal processo che si conserva in Curia dove sono inserite le ricevute delle spese fatte per il mulino dell'Olevano per mano del l'Arcivescovo don Paolo de Vilana Perlas il quale havendo preso il possesso a’ 25 maggio 1723 a tempo che detto Signor Duca di Martina non avea ancora sborsato i ducati cinquecento, dico 500, stabiliti per detto affranco, tocò a detti Monsignor don Perlas per la esegenza e di fare il dovuto impiego, e perché il detto molino si ridusse a perfezione con minor spesa delli ducati 500 li restanti e molto più si impiegò in redicare il molino di Olevano come apare dalle ricevute che pure si sono inserite nel stesso processo.
Giuseppe Barra
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